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Martin Scorsese è la star badoluta della 13^ Festa del Cinema di Roma. Il regista di numerosi capolavori tra cui Taxi Driver, Toro Scatenato, Quei bravi ragazzi e The Departed – Il bene e il male, ha ricevuto dalle mani di Paolo Taviani il Premio alla Carriera, mentre Vanity Fair gli dedica una serata esclusiva a Villa Medici.
Scorsese in un incontro con il pubblico ha raccontato del suo amore per il cinema italiano selezionando nove sequenze di film a lui cari. Una pbadione che lo ha accompagnato sin da piccolo quando, dopo la scuola, correva nelle salette del quartiere di Little Italy per vedere i capolavori di Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Michelangelo Antonioni e Federico Fellini.
Da quelle visioni sono nati anche i suoi capolavori.
«Scorsese è uno di quei registi che appartengono alla categoria poco frequentata degli autori che con i loro film ci aiutano a capire chi siamo», ha dichiarato Paolo Taviani durante la cerimonia di premiazione, «è un lavoratore instancabile, ha una furibonda energia e ha una grande fortuna: una fiducia illimitata in se stesso», ride il regista italiano insieme all’amico sul palco della sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica. Ed è standing ovation. Tra il pubblico si riconoscono Giuseppe Tornatore, Pif, Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo e Nicola Piovani. Tutti in piedi per il regista americano più italiano che ci sia.
Scorsese attraverso nove video (tra il 1952 e il 1966) spiega quali film italiani lo abbiano influenzato durante il periodo della sua formazione. Parte da Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini: «Quando l’ho visto per la prima volta a New York è stato come uno choc – dice – perché mi identificavo nei suoi personaggi. Personaggi che non erano altro che persone». Poi tocca a Rossellini e a un suo film per la televisione: La presa al potere di Luigi XIV (1966). «Non ebbe un gran riscontro in America», ammette il regista, «si trattava di un prodotto didattico. A un certo punto della sua carriera Roberto era interessato più alla divulgazione che all’arte, e in questo film troviamo Velasquez e Caravaggio. Da lui ho imparato a concentrarmi sull’essenziale, cosa che ho tenuto buono per Toro scatenato». Invece si è fatto catturare da Il posto (1961) di Ermanno Olmi e da Umberto D. (1952) di Vittorio De Sica «per la loro purezza».
Antonioni «con la sua trilogia (L’avventura, La notte e L’eclissi ndr) ha ridefinito il linguaggio cinematografico», spiega Scorsese, «L’avventura è stato il primo film che ho visto di Antonioni: ho dovuto imparare a leggerlo, era come un pezzo di arte moderna all’epoca. Con Michelangelo la narrazione si trasferisce anche nella composizione dello spazio». L’umorismo di Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi invece riverbera in Quei bravi ragazzi. «Ogni volta che lo vedo mi colpisce per la sua arguzia e anche per riuscire a conciliare l’elemento di verità». Aspetto che si palesa in Salvatore Giuliano (1962) di Francesco Rosi.
L’incontro procede con lo stile barocco di Luchino Visconti e il suo Gattopardo (1963), «un film che combina impegno politico e melodramma qui ci troviamo di fronte a uno stile ricco, completamente diverso da quello scarno di Antonioni». Sono tutti film che il regista italoamericano (i nonni sono emigrati dalla Sicilia agli inizia del Novecento) ha visto nell’arco di 2-3 anni, «durante i quali la mia vita è cambiata », ammette. Poi arriva il regista dei registi, Federico Fellini, e la scena finale di Le notti di Cabiria (1957). Scorsese applaude alla fine della scena: «È sublime un finale che rappresenta una rinascita spirituale». Poi racconta che negli anni Novanta aveva in progetto di realizzare un documentario con il nostro regista per la Universal: «Purtroppo non è stato possibile realizzarlo perché il maestro ci ha lasciato», conclude Scorsese che il 24 ottobre incontrerà ancora il pubblico alla Festa del Cinema, in occasione della versione restaurata di San Michele aveva un gallo di Paolo e Vittorio Taviani e questa volta parlerà delle eccellenze del cinema italiano contemporaneo.
Abbiamo ripercorso la grande carriera di Martin Scorsese in questa nuova puntata di «Storie di cinema», il podcast di Paola Jacobbi.
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