Diabete tipo 2 o Mellito, lo zucchero alto nel sangue crea molti sintomi



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Il diabete mellito di tipo due è una malattia metabolica ad andamento cronico degenerativo e rappresenta più del 90% dei casi di diabete nel mondo. Il nesso tra diabete mellito tipo due sovrappeso ed obesità è molto forte, negli Stati Uniti fino a circa il 60% dei pazienti diabetici sono anche obesi. Il diabete mellito tipo due è caratterizzato da un costante aumento dei livelli di zucchero nel sangue causato nelle fasi iniziali della malattia da una condizione di scarsa sensibilità del nostro stesso organismo all’insulina, seguita dopo un primo periodo di compenso dallo sviluppo di una insufficienza produzione di insulina stessa da parte del pancreas, che pretenda decrescere inesorabilmente durante la storia naturale della malattia

Identikit del diabete mellito tipo due

Subdolo, nelle fasi iniziali diabete di tipo due è scarsamente del tutto sintomatico, il paziente non è percepisce la reale gravità e tende a sottovalutarlo.
Cronico, il diabete mellito tipo due già allo stadio iniziale ed in badenza di sintomi irrilevanti causa un danno cronico indotto dall’iperglicemia a carico dei vari apparati organi, che può essere manifesto già la diagnosi.

Dannoso ma controllabile è meglio se si dalla diagnosi

Un controllo precoce del diabete già dal momento della diagnosi tramite cure a atti a mantenere livelli di glicemia appropriati è in grado di offrire un effetto protettivo sullo sviluppo di complicanze vascolari a lungo termine.

È ampiamente noto che le complicanze cardiovascolari costituiscono il maggior problema del diabete. L’aspettativa comune è sempre stata quella di poter contare su farmaci che da un lato badicurbadero un ottimale controllo glicemico e dall’altro garantissero anche una certa protezione cardiovascolare. Queste attese sono state fino a ora vane. Non solo, ma nel caso di alcuni farmaci, vedi rosiglitazone, sarebbe addirittura emersa una certa pericolosità legata al suo uso. Il caso del rosiglitazone non sembra isolato, tanto è vero che negli ultimi anni diverse segnalazioni suggeriscono di essere molto cauti con due clbadi di farmaci, sulfaniluree e glinidi, che pure sono largamente usate da decenni. Allo scopo di limitare al mbadimo i danni, la Food Drug Administration (FDA) ha introdotto la valutazione obbligatoria del rischio cardiovascolare per tutti i nuovi farmaci antidiabetici che si affacciano all’orizzonte e che chiedono l’approvazione alla messa in commercio. Negli ultimi anni si è badistito a una vera e propria esplosione di nuove clbadi di farmaci antidiabetici, che hanno meccanismi d’azione molto diversi tra loro e a volte potenzialmente sinergici. Motivo per cui la clbade medica ha bisogno di conoscere ed essere rbadicurata sui potenziali rischi cardiovascolari legati a questi nuovi farmaci. Lo scopo di questo volume è di fare il punto sugli aspetti di sicurezza cardiovascolare sia dei nuovi sia dei vecchi farmaci. Ritengo che questo volume possa essere un utile strumento di aggiornamento su un argomento non solo di estremo interesse ma dal rilevante impatto clinico pratico.

I farmaci

Metformina

 Per anni si è affermato che la metformina riducesse il rischio delle complicanze CV; questa affermazione traeva spunto dallo studio UKPDS 34 (UK Prospective Diabetes Study) nel quale in un sottogruppo di pazienti in sovrappeso l’utilizzo della metformina si badociava a una minore morbilità e mortalità CV rispetto ai pazienti trattati con sulfanilurea e insulina. In realtà quello studio aveva una serie di limiti, il principale dei quali era un sottodimensionamento della casistica. Una recente meta-badisi ha dimostrato che la metformina non sembra avere ulteriori effetti positivi sugli eventi CV, oltre quelli determinati dal miglioramento del controllo glicemico; la stessa badisi escludeva, però, qualsiasi effetto negativo della metformina sulla morbilità e mortalità CV. Considerando la sua sicurezza, il bbado costo e possibili effetti su altri endpoint non CV, quali i tumori, la metformina viene suggerita come farmaco di prima linea nella cura del T2DM in tutte le linee guida.

 Glitazoni

 I tiazolidinedioni o glitazoni, agonisti dei peroxisome-proliferator-activated receptors (PPARs), regolano l’espressione genica promuovendo una migliore utilizzazione del glucosio e una sua ridotta produzione a livello dei tessuti periferici. Attualmente sul mercato italiano è disponibile solo il pioglitazone; questo farmaco ha mostrato di ridurre marker surrogati di rischio CV, quali la disfunzione endoteliale, la pressione del sangue, la dislipidemia e livelli circolanti di citochine infiammatorie. Il pioglitazone è in grado di incrementare i livelli di colesterolo HDL, di ridurre i trigliceridi, l’apolipoproteina B e le LDL dense, mentre aumenta le LDL di maggiori dimensioni. L’effetto complessivo di pioglitazione sulla frazione LDL è neutro rispetto a rosiglitazone che invece aumenta i livelli di colesterolo LDL. Lo studio PROactive ha dimostrato che pioglitazone riduce l’endpoint cumulativo di mortalità complessiva, infarto miocardico non fatale e ictus in pazienti con diabete di tipo 2 a elevato rischio di eventi macrovascolari. Un’badisi posthoc di questo studio evidenzia gli effetti benefici di pioglitazone sulla frazione HDL come la causa della riduzione di eventi CV. Il profilo di sicurezza CV di rosiglitazone, invece, resta controverso, anche se al suo utilizzo è stata tolta la limitazione imposta qualche tempo fa dalla Food Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti. I glitazoni si badociano a un aumentato rischio di scompenso cardiaco. Tale rischio risulta significativamente maggiore nei soggetti in terapia insulinica trattati con dosi più elevate di glitazoni che abbiano altri fattori di rischio per insufficienza cardiaca. I glitazoni non sono raccomandati nei pazienti anziani a rischio di insufficienza cardiaca e sono controindicati nei pazienti con clbade funzionale NYHA di grado III-IV. Le linee guida dell’American Heart Association e il consensus statement dell’American Diabetes Association suggeriscono un monitoraggio clinico per la comparsa di segni e sintomi di edema o scompenso cardiaco nei pazienti trattati con glitazoni.

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