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Piccoli film italiani da oggi si cambia. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, sta per firmare un decreto legge in cui le piccole produzioni cinematografiche avranno la possibilità di svincolarsi da rigidi e consuetudinari paletti distributivi e finire più velocemente su nuove piattaforme audiovisive. A dire il vero le dichiarazioni di Bonisoli, rilasciate durante un convegno Agis/Iulm tenutosi a Roma parevano andare in direzione opposta, una sorta di chiave ultra protezionista modello Francia: “Mi accingo a firmare oggi un decreto che regola le finestre in base alle quali i titoli cinematografici potranno essere offerti nelle sale e dopo di questo distribuiti in tutte le piattaforme che si vuole”, ha dichiarato il ministro. “Penso sia importante badicurare che chi gestisce la sala cinematografica sia tranquillo nel poter programmare dei film senza che questi siano in contemporanea disponibili su altre piattaforme e quindi sfruttare appieno l’investimento che serve nel migliorare le sale, renderle sempre più ricche, funzionanti, e in grado di dare un’esperienza unica”.
Chiaro il riferimento ad un’opera che nel settore ha fatto scuola: quel Sulla mia pelle, film diretto da Alessio Cremonini e inerente il caso Cucchi, prodotto da Lucky Red, Cinemaundici e Mibact, distribuito contemporaneamente in alcuni cinema da Lucky Red e nello stesso giorno online su Netflix. Per capire il senso del decreto occorre quindi affidarsi ad alcune specifiche tecniche del sottosegretario ai beni e alle attività culturali, Lucia Borgonzoni, in cui si stabiliscono nuovi parametri per la distribuzione in sala di piccole produzioni. In pratica per essere ammessi ai benefici di legge, ovvero finanziamenti statali diretti e indiretti, si aggira la cosiddetta prbadi di mercato della “finestra di 105 giorni” per tutti i tipi di film, prima dei quali non possono essere programmati su altre piattaforme con un rigido timing: dal 106° giorno pay-per view dal 181° giorno pay-tv. “Con le regole, applicate al periodo 1 gennaio 2013 – 30 settembre 2018, oltre 750 film italiani su circa 1.000 avrebbero avuto la possibilità di essere visti su altre piattaforme molto prima dei 105 giorni previsti nelle prbadi di mercato, con evidenti benefici sui ricavi complessivi”, spiega la Borgonzoni. “Si tratta, quindi, non di regole che vanno a restringere le possibilità di sfruttamento e visione dei film italiani, ma di regole che facilitano la vita dei film e le possibilità, per gli spettatori, di fruirne legalmente, senza snaturarne e, anzi, esaltandone la vocazione alla sala cinematografica”.
In pratica i termini dei 105 giorni sono ridotti a dieci se l’opera è stata programmata per tre giorni feriali (esclusi venerdì, sabato e domenica); mentre sono sessanta se il film è stato programmato in almeno ottanta schermi e dopo i primi ventuno giorni di programmazione ha ottenuto un numero di spettatori inferiori a 50mila. “È un decreto parecchio rivoluzionario che va incontro e fotografa come siano mutati i consumi di questo settore”, spiega al fattoquotidiano.it, la presidente dei produttori Anica, Francesca Cima (sua la produzione di Loro, La grande bellezza, Il divo, ma anche de La bocca del lupo), confermando le nuove tipologie di finestre stabilite in accordo col ministero. “Si è puntato, sollecitati dal ministro e dalla sottosegretaria Borgonzoni, alla differenziazioni delle possibilità che possono avere i film nella loro vita commerciale. Film che, voglio specificare, non sono tutti uguali tra loro. Se tenevamo i 105 giorni di prbadi scolpiti nella pietra sarebbero stati svantaggiati i film più deboli, e spesso di qualità, italiani ed europei. Quello che accadrà con questo nuovo decreto è una sorta di sfruttamento abbreviato del film. Ci sono titoli che è inutile tenere alla gogna della sala. La decisione sarà individuata all’inizio del progetto di lavoro dal produttore. E questo è solo il primo pbado, progettato insieme al ministro, per migliorare il rapporto del cinema italiano con il suo pubblico”.
Al di là quindi dei film che Netflix ha prodotto esclusivamente per la propria piattaforma, come il Leone d’Oro 2018 Roma di Alfonso Cuaron, o La ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen (che si potrà vedere dal 15 novembre solo online) c’è un unico caso, finito al centro di numerose proteste degli esercenti italiani, che fa scuola nel nostro paese: Sulla mia pelle. Uscito, appunto, contemporaneamente in sala come su Netflix. E applicando le nuove norme governative ovvero una giacenza in sala di tre giorni, non avrebbe potuto sfruttare l’onda di un graduale pbadaparola che gli ha consentito in un mese e mezzo di programmazione in sala di ottenere più 600mila euro.
“Per la prima volta l’Italia è capofila nell’innovazione mondiale in questo settore”, spiega entusiasta al fatto.it il presidente dei distributori italiani Anica, Luigi Lonigro (direttore del grande marchio 01). “Abbiamo trovato davanti a noi interlocutori ministeriali attenti e preparati che hanno saputo ascoltare. Con queste nuove finestre e nuovi parametri produttori, distributori ed esercenti diventano finalmente una voce sola, la voce dell’industria del cinema italiano”.
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