Il processo – Caso Cucchi, il pm: «Vicenda piena di falsi e inquinamento delle prove» | italia



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Stefano Cucchi

Stefano Cucchi


Roma – «Questa storia è costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte di Cucchi. C’è stata un’attività di inquinamento probatorio che ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità e che sono state sottoposte a giudizio».

Lo ha affermato il pm Giovanni
Musarò, in apertura di udienza del processo a carico di 5 carabinieri per la vicenda della morte di Stefano Cucchi.

«Quello che ha detto il carabiniere Fancesco Di Sano nell’udienza del 17 aprile è vero: la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma fu l’esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo» ha detto il pm in aula.

Chi sono i carabinieri indagati

La lista dei carabinieri indagati nell’ambito del nuovo filone d’inchiesta sui falsi verbali e sui depistaggi legati al pestaggio in caserma cui fu sottoposto Stefano Cucchi poche ore dopo essere stato arrestato per droga si è recentemente allungata.

Oltre al luogotenente Mbadimiliano
Colombo (comandante della Stazione Tor Sapienza), interrogato per oltre 7 ore in Procura la scorsa settimana, e al carabiniere scelto Francesco
Di
Sano, che nel corso del processo principale aveva dichiarato di aver dovuto, dopo un ordine gerarchico, modificare il verbale sullo stato di salute di Cucchi, è stato iscritto il maggiore dei carabinieri Luciano
Soligo, già comandante della compagnia Talenti – Montesacro.

Il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone, il colonnello Alessandro Casarsa e il maggior Paolo Unali, citati come testimoni, non sono invece indagati. I tre verranno quindi sentiti nel processo che si sta svolgendo alla Prima corte d’Assise e che vede imputati cinque carabinieri. I tre, all’epoca dei fatti, ricoprivano rispettivamente i ruoli di comandante provinciale dei Carabinieri (Tomasone), comandante del Gruppo Roma (Casarsa) e comandante della Compagnia Casilina (Unali).



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