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Accordo tra M5S e Lega sulla giustizia: congelamento, per un anno dalla sua approvazione dell’entrata in vigore dell’emendamento che blocca la prescrizione dopo la sentenza di condanna in primo grado per tutti i reati. «Parallelamente e contestualmente» si lavorerà a una legge delega per la riforma del processo penale. Un compromesso raggiunto dopo giorni di scontro all’arma bianca nella maggioranza che ha scaldato subito gli animi in Parlamento. Si è sfiorata la rissa con momenti di alta tensione ieri nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia riunite sul ddl anticorruzione. Sono dovuti intervenire cinque commessi per calmare le acque. Da una parte i parlamentari di Pd, FdI e FI, dall’altra quelli M5S.
Le forze dell’opposizione avevano chiesto che il Guardasigilli Bonafede venisse in Commissione per riferire sull’intesa siglata dagli azionisti dell’esecutivo in mattinata durante un vertice a palazzo Chigi, ma il responsabile di via Arenula ha preferito commentare in diretta facebook. Prima i deputati di FdI, poi quelli di Pd e FI hanno mostrato il video, avvicinando i telefonini ai microfoni della sala del Mappamondo dove era in corso il voto per ampliare la materia del ddl anticorruzione. Da qui il parapiglia, con i presidenti Sarti e Brescia (M5S) che hanno chiesto lo stop della protesta. Ma la temperatura era già salita, con i deputati dell’opposizione pronti ad badaltare la presidenza e contestare la regolarità delle votazioni. Per poi continuare la rivolta in Aula, coinvolgendo anche il presidente di Montecitorio, Fico.
LA PRIMA VOLTA DI FI
FI ha occupato – ed è la prima volta dopo la nascita del governo gialloverde – i banchi del governo nell’emiciclo. «In Commissione non ci è stata data facoltà di parlare», la denuncia dell’azzurra Bortolozzi. «Hanno aggredito i funzionari, c’è un clima da sommossa», la denuncia dei 5Stelle che sono venuti quasi alle mani con alcuni deputati dem e della Meloni. Sulle barricate anche Leu mentre la Lega ha subito deciso di non mettere la faccia sul via libera arrivato dal vertice sul capitolo giustizia.
E’ stato il premier Conte a mediare tra Salvini e Di Maio presentatisi nella sede del governo su posizioni radicalmente distanti. «Così non votiamo il provvedimento», ha tuonato il vicepremier leghista, al suo fianco il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giorgetti, il ministro Bongiorno e il capogruppo della Lega alla Camera, Molinari. «Non arretriamo di un millimetro, per noi è una battaglia fondamentale», la risposta del ministro del Lavoro accompagnato da Bonafede e dal responsabile ai Rapporti con il Parlamento, Fraccaro. L’exit strategy è stata escogitata dal partito di via Bellerio e sposata dal presidente del Consiglio: lo stop alla prescrizione partirà dall’anno prossimo ma al Senato verrà avviato subito l’iter per una riforma dei processi. «Si trattava solo di trovare la sintesi. Non c’è badolutamente contrapposizione, non c’è chi ha perso e chi ha vinto», ha spiegato il ministro della Pa. «La riforma della prescrizione scatterà, comunque, il 1 gennaio 2020. Anche se dovesse cadere il governo», ha chiarito subito Fraccaro.
«Ha vinto il partito di Davigo», insorge FI. Sotto traccia resta l’irritazione della Lega che ha chiesto all’alleato di governo di accogliere emendamenti sul Daspo a vita per i corrotti e sulla sospensione delle pene accessorie mentre M5S esulta per aver diviso FI dal partito di via Bellerio ed è pronta a rilanciare un pacchetto sulla giustizia che prevede oltre ad un disegno di legge targato Fraccaro sul conflitto d’interesse anche un testo della grillina Dadone sulla revisione della Severino. In ogni caso, anche grazie alla interlocuzione di Fico con le opposizioni, l’approdo del ddl anticorruzione in Aula slitta di una settimana, al 19 novembre.
Ultimo aggiornamento: 01:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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