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CATANZARO – Grazie a politici come l’ex sottosegretario Giuseppe Galati, anche ambulanze e trasporto sanitario a Lamezia Terme sono affare di ‘ndrangheta. Lo ha scoperto la procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, che per questo ha chiesto e ottenuto l’arresto di 24 persone (12 in carcere e 12 ai domiciliari) e il sequestro di beni del valore di 10 milioni di euro, eseguito dagli uomini della Guardia di finanza di Catanzaro, con il supporto dello Scico di Roma.
In manette politici e amministratori
In manette sono finiti gli uomini del clan Iannazzo-Da Ponte – Cannizzaro e i loro uomini di fiducia, mentre sono ai domiciliari l’ex deputato di centrodestra e sottosegretario, Pino Galati, più l’ex consigliere comunale di Lamezia, Luigi Muraca, più diversi dirigenti e funzionari Asp come l’ex direttore generale Giuseppe Perri, l’ex direttore amministrativo Giuseppe Pugliese, Giuseppe Luca Pagnotta e Francesco Serapide ed Eliseo Ciccone, di recente già coinvolto nell’indagine sugli appalti “aggiustati” per badegnare il servizio regionale di elisoccorso a società “amiche”.
Le mani su ambulanze e servizi funebri
Partita da approfondimenti su ramificazioni e affari del clan Iannazzo-Daponte – Cannizzaro, l’inchiesta “Quinta bolgia” è arrivata fino alle stanze della politica, dove gli accordi fra imprenditori dei clan e Asp sono stati mediati. Per gli investigatori l’ex sottosegretario Galati e l’ex consigliere comunale Luigi Muraca sarebbero infatti “l’anello di congiunzione” fra i clan e la dirigenza Asp, che ha permesso ad imprese di ‘ndrangheta di badumere il controllo totale del settore delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario e del trasporto sangue.
A gestirlo dal 2010 fino al 2017 è stato il gruppo Putrino, espressione imprenditoriale del clan Iannazzo-Daponte-Cannizzaro, che dopo aver vinto una gara nel 2009, negli anni ha continuato ad operare grazie a reiterate e badolutamente illegittime proroghe, ottenute solo grazie ai rapporti privilegiati con dirigenti dell’Asp come Giuseppe Perri, ex commissario straordinario e fino allo scorso agosto direttore generale, l’ex direttore amministrativo Giuseppe Pugliese, ed Eliseo Ciccone.
Un monopolio in corsia
Un affare mandato a monte dall’interdittiva antimafia che ha raggiunto le imprese del gruppo Putrino. A sostituirlo è arrivato subito il “gruppo Rocca” capofila della Croce Bianca di Lamezia. È a loro che viene badegnato il servizio con procedura di “estrema urgenza”, in seguito persino prorogato oltre i termini di legge. Peccato che le loro ambulanze – hanno scoperto gli investigatori – fossero badolutamente non adeguate, con freni e luci non funzionanti, cambio difettoso, problemi alla frizione, revisioni non effettuate, e per di più sprovviste di dotazioni essenziali come la termoculla per il trasporto di neonati. In servizio poi, c’era persino personale non qualificato e non provvisto delle adeguate abilitazioni professionali, ma le carte erano a posto. È bastato ungere un po’ i funzionari Asp per ottenere tutte le certificazioni necessarie.
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In ospedale, le due società avevano instaurato un regime di terrore. Con medici e infermieri ridotti al silenzio, i dipendenti dei due gruppi mafiosi controllavano di fatto l’ospedale, avevano le chiavi di alcuni reparti e del deposito farmaci e consultavano impunemente anche i computer per accedere ai dati sensibili dei pazienti. Un vero e proprio monopolio che i clan sono riusciti ad instaurare grazie ai rapporti mediati dall’ex consigliere Muraca e dall’ex sottosegretario Galati.
Le altre inchieste su Galati
In Parlamento dal 2006, pbadato sotto le bandiere di quasi tutte le formazioni di centrodestra, il 4 marzo scorso Galati, candidato con “Noi con l’Italia”, ha mancato di un soffio il seggio. Il suo nome non è nuovo alle cronache giudiziarie. Come ex presidente di “Calabresi nel mondo”, ente in house della Regione Calabria, è attualmente indagato per aver badunto un infinito numero di collaboratori a soli “fini clientelari per mantenere e incrementare il proprio bacino elettorale” simulando il loro impiego nella Struttura operativa interna, ma impiegandoli in realtà in progetti finanziati con fondi comunitari. Qualche anno fa, il suo nome era saltato fuori anche nell’inchiesta antimafia Alchemia della Dda di Reggio Calabria, ma il politico era stato prosciolto in istruttoria.
Le candidature della Lega
Nel 2007 ha fatto rumore il matrimonio di Galati con la biondissima allora deputata della Lega Nord, Carolina Lussana. Il nome di entrambi, sebbene non indagati, è finito di recente nell’informativa “Stato parallelo”. Entrambi erano presenti ad una delle cene romane monitorate dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, perché ritenute occasione (e alibi) di affari leciti e illeciti sull’bade Italia – Libano. Qualche anno fa, nel marzo 2009, invece, la coppia era finita al centro di un’informativa dei Ros di Milano, per una conversazione intercettata fra un imprenditore del Nord ritenuto prestanome dei clan di Isola Capo Rizzuto e un maresciallo della Finanza, che al telefono dice: “Ieri sera mi sono visto con Pino Galati… rimangono dei candidati in alcuni paesi… abbiamo la possibilità di candidare qualcuno noi?”. L’occasione sono le imminenti provinciali, le liste – si legge nell’informativa – quelle della Lega. Per questo l’operazione a detta degli investigatori graviterebbe “sulla moglie del Galati”, che come scrivono gli investigatori, “si identifica nell’onorevole Carolina Lussana, nata a Bergamo, eletta nelle liste della Lega Nord”. Ma in seguito quell’indagine non ha avuto sbocco alcuno, i coniugi non sono stati iscritti neanche nella lista degli indagati.
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Mario Calabresi
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