Scoperta la necropoli dei gatti: risale a 3 mila anni fa



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«I toporagni e gli sparvieri li portano nella città di Buti», mentre «i gatti morti vengono trasportati nelle tombe». Questo manuale di zoologia semi-fantastica è in realtà il primo resoconto sugli animali sacri nell’antico Egitto ed è firmato da Erodoto, a metà del quinto secolo avanti Cristo. E così oggi, poco alla volta, la terra restituisce questa fauna mummificata, come è avvenuto a Saqqara — un’importante necropoli egiziana a sud del Cairo — dove una missione archeologica ha scoperto mummie di gatti in sette tombe, insetti, statuette in forma d’animale e persino rari scarabei imbalsamati. Si tratta di tombe del Nuovo Regno (1550-1069 a. C.) riutilizzate come «cimitero di gatti», appunto.

Culto popolare

Quello degli ex voto fatti di animali mummificati era parte di un culto molto popolare, diffuso e radicato, come spiega Roberto Buongarzone, egittologo presso l’Università della Tuscia e autore del saggio «Gli dei egizi» pubblicato da Carocci. «C’era un sistema ben organizzato intorno a questa liturgia», dice lo specialista. «Per esempio, numerose necropoli avevano un reticolo interno di gallerie che collegava ciascun “reparto” dedicato a questo o a quell’animale a templi nei quali si esercitava la devozione». Non solo: nell’antico Egitto si arrivava ad avere un vero e proprio traffico di animali mummificati, con tanto di piccoli e grandi illeciti. «Per esempio», continua Buongarzone, «abbiamo testimonianze di finte mummie, vendute a caro prezzo come tali ma che, all’interno, contenevano al mbadimo un paio di ossa di gatto e per il resto un involucro di paglia».

Carovana senza fine

Si speculava insomma sulla fede dei numerosi pellegrini che raggiungevano le necropoli — lo stesso Erodoto si meraviglia di questa carovana senza fine — e che compravano animali mummificati come dono votivo da offrire per ottenere quelle che noi cattolici chiameremmo «indulgenze». Ma, nel complesso, dietro c’era un intero sistema economico e sociale, fatto di allevamenti, addetti alla soppressione degli animali, esperti di mummificazione, sacerdoti «abilitati» a quel tipo di culto.

La scoperta

La scoperta egiziana, annunciata tra gli altri anche dal capo del Consiglio Supremo delle Antichità Mostafa Waziri, fa sì che si torni a parlare delle (numerose) necropoli animali in Egitto, come conferma Federico Poole, curatore al Museo Egizio di Torino, istituzione che a Saqqara ha anche una missione di scavi: «Quella è una zona in cui si sono concentrati numerosi ritrovamenti di ex voto animali, non solo gatti ma anche cani e falchi, per esempio. Se fosse confermata la notizia del rinvenimento di mummie di scarabeo, allora sarebbe una grande novità sulla quale noi specialisti dovremo lavorare». È infatti questa la vera cosa insolita dell’annuncio arrivato dal Cairo e sulla quale nessuno per ora si sbilancia: negli ultimi anni dall’Egitto sono arrivate comunicazioni (archeologiche) ai limiti della spettacolarizzazione, secondo alcuni badisti diffuse anche per rivitalizzare un’offerta turistica indebolita dalle recenti turbolenze sociali e politiche.

I ritrovamenti

Eppure le immagini che arrivano dal luogo del ritrovamento sono impressionanti: sagome di animali perfettamente conservati, statue di legno con sembianze feline, una scultura in bronzo dedicata alla dea gatto Bastet, un sarcofago di cobra e due di coccodrilli, statuette lignee di un leone, di una mucca e un falcone. Testimonianze di una suggestione millenaria che nasce da un unico, fondamentale istinto: la paura. Buongarzone infatti spiega che la devozione nei confronti degli animali come i felini spesso nasce dal timore che questi incutevano e dal desiderio di esorcizzare quella forza inspiegabile. Di alcuni animali si temeva la capacità di ipnotizzare gli umani (per esempio i serpenti o certi felini). Ecco perché, in seguito, quando sono arrivate le divinità antropomorfe, alcune di queste hanno conservato un elemento animale. La più famosa è Anubi, il dio protettore delle necropoli, raffigurato come un uomo dalla testa di canide. Resta il mistero dello scarabeo, il simbolo più affascinante: rappresentava il domani, qualcosa che deve nascere. Vedremo che luce avrà.

12 novembre 2018 (modifica il 12 novembre 2018 | 22:52)

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