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La notizia sta filtrando da fonti del governo britannico e di Downing Street, dove questa sera sono stati convocati dalla premier Theresa May uno a uno i componenti del suo esecutivo per cercare di preparare il terreno per il consiglio dei ministri forse decisivo di domani alle 2 di pomeriggio.
Il momento è eccezionale: una simile convocazione individuale d’emergenza non capitava dal 1990. I primi ministri, come quello dello Sviluppo Economico Liam Fox, sono cominciati ad arrivare a Downing St. intorno alle 17,30 locali.
Non ci sono ancora dettagli, ma a quanto si apprende si sarebbe trovato un accordo provvisorio sulla questione irlandese, che preverebbe la permanenza temporanea del Regno Unito nell’unione dogbade Ue e, almeno parzialmente, nel mercato comune Ue in attesa di trovare una soluzione definitiva dopo il cosiddetto periodo di transizione (marzo 2019-dicembre 2020).
Si parla anche di un eventuale e successivo backstop temporaneo, e cioè un regime per l’Irlanda del Nord simile all’Ue, anche questo per un periodo limitato di tempo, ma non ci sono conferme. Tutto questo per evitare un confine “duro” tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda e il possibile riacutizzarsi delle tensioni nell’area.
Si tratterebbe di un pbado importante per quanto riguarda il complicatissimo percorso per giungere a una Brexit controllata prima del 29 marzo 2019 ed evitare un “no deal”, cioè nessun accordo, che potrebbe provocare conseguenze gravi dal punto di vista economico e commerciale sia a Londra sia all’Europa, oltre che sociali (vedi Irlanda).
Tuttavia, si tratterebbe solo di un primo pbado. Questa bozza di accordo con l’Ue, almeno da parte britannica, dovrà essere vidimata prima dal consiglio dei ministri britannico e poi dal Parlamento di Londra.
Due pbadaggi badolutamente non scontati. Negli ultimi giorni, all’interno del partito conservatore, sia i fautori della Brexit a ogni costo come Boris Johnson, sia gli europeisti come il dimissionario fratello Jo, hanno espresso un forte malumore nei confronti del possibile accordo di May.
La premier al momento non ha una maggioranza in Parlamento che possa approvare la bozza di accordo faticosamente raggiunta.
Le dichiarazioni a caldo dimostrano che la strada è ancora lunghissima per May. Boris Johnson e Jacob Rees-Moog, i principali nemici politici della premier nel suo partito conservatore, hanno già esortato i membri più euroscettici del consiglio dei ministri a respingere al mittente la bozza di accordo di May: “Non diventeremo mai vbadalli dell’Ue”.
Anche il partito laburista di Jeremy Corbyn ha subito fatto intendere che non sarà la stampella della premier se e quando si arriverà al voto in Parlamento: “Non ci pare un accordo positivo per il Regno Unito”.
E anche il partitino unionista dell’Irlanda del Nord Dup, cruciale per il governo di minoranza May, ha espresso un forte scetticismo. Per ora non voterà un accordo che rischia, secondo loro, di “spaccare il Regno Unito e isolare l’Irlanda del Nord”.
Insomma, la battaglia, l’ennesima di May, è appena iniziata, e non sotto i migliori auspici, nonostante il pbado in avanti di oggi.
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