[ad_1]
Roma, 24 ott. (askanews) – A parte il caso Italia, la Bce ha diversi altri temi attinenti alle sue responsabilità di politica monetaria su cui confrontarsi. A cominciare dalla dinamica della crescita globale e dell’area euro e dei crescenti rischi di rallentamento che si sono evidenziati su più versanti. Perché si sta avvicinando la conclusione del programma di acquisti netti di titoli, al termine del quale il quantitative easing dell’istituzione proseguirà unicamente per “inerzia”, con il riacquisto delle emissioni già accumulate e che progressivamente giungono a scadenza.
Proprio oggi è arrivata una doccia fredda dalle indagini tra i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese: l’attività nell’area euro a ottobre è caduta ai minimi da 2 anni. Il clima di fiducia è sprofondato ai livelli più bbadi da 4 anni. E il manifatturiero della Germania, locomotiva d’Europa ma particolarmente esposta alla frenata dell’export dovuto alla guerra sui dazi dell’amministrazione Trump, ha visto il relativo Purchasing managers index (Pmi) piombare ai valori più bbadi da 47 mesi.
Domani non sono attese decisioni sui tbadi di interesse, che la stessa Bce ha precisato di contare di lasciare a zero almeno fino all’estate del 2019. Né sono attese variazioni sullo stop agli acquisti netti di titoli, preventivato per la fine di dicembre ma se i dati continueranno a confermare lo scenario previsionale della Bce. Si tratterà di capire se il Consiglio dovesse mostrare un qualche disagio a confermare questa tabella di marcia alla luce dei segnali di indebolimento della crescita.
Perché una crescita più debole potrebbe implicare uno smorzamento della risalita inflazionistica verso i livelli obiettivo della Bce. Ad oggi comunque dal caro vita medio dell’area euro sono giunti sviluppi che confermano il recupero: a settembre è risalita al 2,1 per cento.
Source link