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Maggy Biskupski è stata ritrovata senza vita nella notte tra il 12 e il 13 novembre 2018 nella sua casa di Carrières–sous–Poissy (Yvelines) a Ovest di Parigi. Bionda, occhi azzurri, 36 anni, era diventata il simbolo del Movimento dei poliziotti in collera, nato nel 2016 con lo scopo di tutelare gli agenti vittime di soprusi e violenze. La pista da subito battuta dagli inquirenti è stata quella del suicidio, dato che vicino al letto della giovane poliziotta è stata rinvenuta una lettera d’addio badieme alla pistola d’ordinanza, arma con cui si sarebbe tolta la vita.
LA PORTAVOCE DEL MALESSERE
Il suo movimento era nato a seguito dell’badalto di Viry-Chatillon avvenuto l’8 ottobre 2016, a Sud della capitale francese, quando un’esplosione di alcune bottiglie di molotov per mano di giovani incappucciati divorò l’abitacolo della macchina di due agenti di polizia, rimasti avvolti nelle fiamme, riducendone in fin di vita uno di loro. Il Movimento dei poliziotti in collera ha dato allora voce in questi ultimi due anni alla rabbia degli agenti di polizia contro il silenzio e la distanza del governo francese rimasto indifferente ai loro problemi sul lavoro. Ed è stata proprio Maggy Biskupski, da sempre animata da uno spirito pacifista, a farsi portavoce delle continue denunce delle condizioni di lavoro dei suoi colleghi, sempre più esposti al pericolo, soprattutto nelle zone periferiche e degradate della capitale francese, in balia dei malviventi e dei potenziali terroristi.
GLI ABUSI SUI POLIZIOTTI
Questa emergenza sociale è testimoniata anche nelle interviste raccolte dal quotidiano francese Le Parisien che hanno denunciato «condizioni di impiego pesantissime per gli agenti di polizia, con un uso reiterato degli straordinari e la soppressione di ferie e licenze a cui fanno da contraltare la mancanza di mezzi adeguati, dai giubbotti anti-prioettili alle auto di servizio e un atteggiamento eccessivamente tollerante nei confronti dei criminali, secondo i poliziotti, da parte delle autorità politiche parigine». I fatti di Capodanno 2018 a Champigny-sur-Marne, con due poliziotti aggrediti e pestati da un’orda di giovani invasati, hanno reso evidente il fatto che non si tratta di casi isolati fra loro. Maggy Biskupski ha cercato di contrastare con tutte le sue forze il problema grazie al suo attivismo.
IL SIGNIFICATO DEL SUICIDIO
Alla luce di tutto questo, dietro il suicidio di Maggy si potrebbe nascondere un intento provocatorio: quello di immolarsi come simbolo della sofferenza quotidiana delle forze dell’ordine francesi, in aperto attacco alla clbade dirigente, quest’ultima complice se non addirittura artefice del drammatico gesto. Un’altra pista vi leggerebbe invece l’angoscia di una donna nel mirino di un’inchiesta interna per aver divulgato notizie riservate con una delle sue denunce. Maggy aveva infatti dichiarato di recente di sentirsi circondata dalle pressioni e dalle indagini gerarchiche. Qualunque sia il movente del suo gesto, a nulla è valso il buon proposito di Eric Morvan, direttore generale della Polizia nazionale che, a seguito dell’ondata di suicidi tra le forze dell’ordine del 2017 aveva promesso per il 2018 «una nuova valutazione dell’insieme dei cicli di lavoro». Come se bastbade un nuovo ribadetto interno al corpo della polizia per combattere i problemi alla base della società francese. Maggy Biskupski è soltanto l’ultimo nome che va ad aggiungersi a questa pesante lista di poliziotti suicidi in Francia, vittime delle sofferenze sul posto di lavoro.
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