“Cure nel cuore dei conflitti”: la campagna di Medici senza frontiere per soccorrere civili in zone di guerra



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ROMA – In guerra la vita continua. E’ questo il messaggio della nuova campagna di raccolta fondi di Medici senza frontiere che fino al30 novembre permetterà di donare a favore di quattro ospedali situati in altrettante zone di conflitto. Proprio per salvaguardare la popolazione civile dalle conseguenze dirette e indirette dei conflitti armati è necessario potenziare le strutture ospedaliere. I combattimenti non risparmiano scuole, mercati e nemmeno ospedali, intere comunità si trovano a vivere in città distrutte, spesso senza cibo né beni primari o sono costrette a fuggire per salvarsi la vita. I medici in prima linea curano le ferite, badistono pazienti con malattie comuni, aiutano le donne a partorire, e quando gli ospedali sono distrutti o sovraffollati, allestiscono sale operatorie, ambulanze, cliniche per cure di base, programmi nutrizionali e vaccinali. 

La campagna. Per sostenere queste attività Msf lancia la campagna di raccolta fondi “Cure nel cuore dei conflitti”: dal 12 al 30 novembre si possono donare 2 euro con sms da rete mobile, 5 o 10 euro con chiamata da rete fissa al numero 45598 oppure online sul sito www.msf.it/conflitti. Il ricavato andrà a sostegno di quattro ospedali in zone di conflitto: l’ospedale materno-infantile di Taiz in Yemen, dove la popolazione è schiacciata da uno dei conflitti più pesanti del momento; quello di Castor in Repubblica Centrafricana, che ha fatto nascere quasi 6.300 bambini nel 2017; il centro di salute nel campo rifugiati di Doro in Sud Sudan, che accoglie più di 50.000 sudanesi in fuga dalla guerra e il nuovo ospedale chirurgico di Bar Elias in Libano, a 20 chilometri dalla Siria, che è appena stato inaugurato e ha bisogno di aiuto per funzionare a pieno regime. 


“Cure nel cuore dei conflitti”: la campagna di Medici senza frontiere per soccorrere civili in zone di guerra

“Nel mondo di oggi sono le persone comuni a pagare il prezzo più alto di guerre che non combattono: famiglie, bambini, comunità intere a cui la guerra toglie tutto” dichiara la dott.ssa Claudia Lodesani, presidente di Msf, con lunga esperienza in contesti di guerra. “Negli occhi dei nostri pazienti ho visto terrore e disperazione, le loro sofferenze sono devastanti. Intervenire in modo rapido, efficace e indipendente, portando le cure dove ce n’è più bisogno, come in una guerra, è una sfida senza pari che MSF affronta ogni giorno grazie all’aiuto dei propri sostenitori”.

Yemen e Libano. Nell’ospedale di Taiz in Yemen, nel pieno di una guerra che ha causato una delle peggiori crisi umanitarie attualmente in corso, con tre milioni di profughi interni, 22 milioni di persone che hanno urgente bisogno di badistenza e più di 1 milione di persone colpite dal colera, i medici visitano ogni mese circa 2.000 donne in gravidanza che altrimenti non avrebbero accesso alle cure. In Libano, nella città di Bar Elias vicino al confine siriano, Msf ha aperto a inizio ottobre un nuovo ospedale con 22 posti letto e 2 camere di isolamento specializzato in interventi di chirurgia ricostruttiva e rivolto principalmente ai rifugiati siriani e alle comunità vulnerabili in Libano, che a breve avrà in funzione anche due sale operatorie e riuscirà a ricoverare fino a 54 pazienti.

Repubblica Centrafricana e Sud Sudan. Tra le quattro maternità presenti a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, paese bloccato da anni in una spirale di violenze e rappresaglie ma praticamente badente dalle agende internazionali, quella di MSF all’ospedale di Castor è l’unica che offre badistenza gratuita alle madri e ai loro bambini. Infine in Sud Sudan, lo stato più giovane al mondo, in guerra praticamente da quando è nato con oltre 2 milioni di rifugiati e altri 2 di sfollati che dipendono dagli aiuti per sopravvivere, il centro di salute nel campo di Doro risponde ai bisogni sanitari di 50.000 sudanesi fuggiti dalla guerra in Sudan, fornendo cure neonatali, ma anche prevenzione dell’HIV e altre malattie sessualmente trasmissibili, oltre che supporto per le vittime di violenza sessuale e di genere, che nel paese è una drammatica realtà quotidiana.

“Un giorno in Sud Sudan ho visto un bambino gravemente malnutrito che stava spirando fra le braccia della mamma. Sono corso a chiamare un collega, ma era troppo tardi. Ho visto centinaia di bambini morire, ma quella volta non la scorderò mai: vedere la vita che se ne va così, in una manciata di minuti, è una sensazione impossibile da dimenticare. Ecco, questa è la guerra in Sud Sudan” è la testimonianza di Angelo Rusconi, logista di MSF, nel libro “Lettere dal cuore dei conflitti” che raccoglie tanti altri racconti di operatori MSF in prima linea.


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Se vi interessa continuare ad ascoltare un’altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.

Mario Calabresi
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