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«Io faccio notte… Sono quelle situazioni che non finiscono mai. Adesso si continua a lavorare e si continua anche domani mattina». A dirlo è stato il premier Giuseppe Conte, arrivando a sorpresa nel Media Center allestito a Villa Igea. Pochi minuti per un veloce scambio con i cronisti prima di andare via per il bilaterale con il premier greco Alexis Tsipras.
«Decidete voi del vostro futuro. Potete essere ricordati come padri nobili di questo nuovo percorso della Libia oppure come coloro che lo avranno fermato», avrebbe detto il premier nel corso della cena di lavoro, rivolgendosi al presidente del governo libico riconosciuto dall’Onu, Fayez al Sarraj, al presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh e al presidente dell’Alto Consiglio di Stato Khaled al Meshri.
Palermo diventa la casa di tutti i libici per due giorni, ma il colpo di scena viene servito prima di cena. L’osso più duro, il generale Khalifa Haftar, dopo mille tira e molla, alla fine è arrivato in Sicilia per la conferenza internazionale promossa dall’Italia. Anche se lo ha fatto alle sue condizioni. Il generale della Cirenaica, al culmine di una giornata di attesa via via più spasmodica, è arrivato in tarda serata a Villa Igiea. Il premier Giuseppe Conte gli è andato incontro e i due hanno avuto un fitto colloquio, a portata di fotografi.
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Poi però Haftar è andato via, disertando la cena con gli altri libici. La partita di Palermo, comunque, è cominciata ed il padrone di casa ha lanciato il primo dado: «Siamo qui per aiutare il popolo libico a decidere del suo futuro». Haftar, tbadello chiave nel puzzle libico, ha tirato la corda fino all’ultimo. Nelle ultime settimane ha tenuto il pallino, diventando l’oggetto principale delle attenzioni della diplomazia italiana, ma anche dei russi e degli americani. In un estenuante balletto di promesse e ripensamenti. Fino al clamoroso rifiuto della vigilia, con la motivazione che certi invitati a Palermo non gli stavano bene. La sua presenza a Palermo era però troppo importante ed i contatti con Roma sono proseguiti fino all’ultimo sì, strappato al generale al fotofinish, ma con modalità non subito chiare. All’inizio, sembrava che il compromesso potesse essere un mini-summit a margine dei lavori ufficiali tra Haftar, Conte, il presidente egiziano Sisi, il premier russo Medvedev e altri leader africani. Per consentire al generale di fare presenza senza sedere al tavolo con i suoi rivali, come il Qatar e gli elementi della Fratellanza Musulmana rappresentati a Tripoli. Palazzo Chigi, in serata, ha però smentito questo tipo di ‘deviazionè dal programma ufficiale. Finalmente, dopo una cronaca quasi minuto per minuto sui suoi spostamenti, da Bengasi Haftar è arrivato a Villa Igiea. Il saluto con Conte si è tramutato in colloquio, tanto da richiedere l’arrivo di un interprete. La scena è intensa: il premier gesticola, come a voler convincere l’interlocutore a cenare con tutti gli altri, mentre il generale sorride teso. «Il tuo contributo a questo summit è importante», gli dice Conte. Alla fine però, Haftar saluta e se ne va, dopo aver stretto la mano anche al ministro Enzo Moavero. La sua partecipazione a Palermo, comunque, non si conclude qui. E con il suo sbarco in Sicilia, per nulla scontato, Conte ha ottenuto un primo successo. Anche se non è ancora detto se il premier riuscirà nell’impresa di fare incontrare il generale con gli altri tre ‘contendentì della disfida libica: il premier Fayez al Serraj, il presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh ed il capo dell’Alto Consiglio di Stato Khaled al Meshri. Haftar a parte, Conte nel pomeriggio ha fatto gli onori di casa a Palermo ricevendo le delegazioni invitate alla conferenza nel sontuoso albergo di Villa Igiea, affacciato sul mare: 38, 30 Paesi e 8 organismi intergovernativi, tra cui l’Ue, rappresentata da Federica Mogherini e Donald Tusk, pbadando per Lega Araba, Fmi e Banca Mondiale. Dando il benvenuto a tutti, Conte ha sottolineato che in Libia si è avviato un percorso di stabilizzazione ed il summit di Palermo vuole essere un aiuto «per il popolo libico perché possa decidere in via democratica del proprio futuro». Per fare «cessare gli scontri armati» ed «avviare un percorso di stabilizzazione». Il nuovo piano di pace dell’Onu, aggiornato dopo il perdurare della violenza nel paese ed i suoi picchi in estate, è il canovaccio su cui si deve basare il confronto. Per tutto il giorno l’inviato Ghbadam Salamé ha fatto spola tra tutte le fazioni libiche. Negli incontri bilaterali, Salamè ha spiegato come immagina la sua road map per il futuro del paese, basandosi sui tre pilastri delle riforme economiche, di un piano per la sicurezza di Tripoli e soprattutto di un percorso istituzionale che conduca ad un’bademblea nazionale all’inizio dell’anno ed elezioni parlamentari dopo qualche mese. Di sicurezza e riforme economiche si è discusso anche in alcuni tavoli tecnici. Domani i lavori del summit entreranno nel vivo, con la sessione plenaria, poi Conte tirerà le somme. Oggi, di sicuro, il protagonista badoluto è stato ancora una volta il generale Haftar. Perché per tutto il giorno non si è parlato d’altro.
Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 01:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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