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«Io so da sempre». «E chi glielo ha detto?». «Eh, non mi faccia questa domanda». Un colloquio registrato — risalente all’11 luglio 2014 — tra un parroco, don Tiziano Bruscagin, oggi settantasettenne, e Simone Bianchi, avvocato che badiste i familiari di Willy Branchi, un diciottenne che il 30 settembre 1988 venne trovato morto lungo l’argine del Po di Goro, nel Ferrarese. Era nudo, lo avevano picchiato senza pietà e per finirlo gli spararono alla testa con una pistola da macello. Ammazzato perché, fu l’ipotesi giudiziaria mai provata, si oppose a una violenza sessuale. Forse l’ennesima di un giro di pedofilia che lo vedeva coinvolto.
Il reverendo indagato per falso
L’audio di quel colloquio è finito negli atti di una nuova inchiesta aperta dalla
Procura di Ferrara su richiesta del gip. Dall’interrogatorio di qualche giorno fa, don Bruscagin (oggi parroco nel Padovano dopo esserlo stato per trent’anni nel piccolo borgo del Polesine) è uscito indagato per falso. Incalzato dalle domande del pm Andrea Maggioni, non avrebbe rivelato tutto ciò di cui sarebbe a conoscenza del delitto. In ogni caso ha raccontato molto, senza opporre il segreto confessionale. Avrebbe fatto i nomi di persone a conoscenza delle circostanze dell’omicidio, quello di cui disse — ancora parlando con l’avvocato Bianchi senza sapere di essere registrato — «a Goro almeno 2 mila persone sanno esattamente le cose che ho detto io. Ma non posso coinvolgere nessuno, io…».
Willy coinvolto «in convegni carnali».
Le parole di don Bruscagin erano riferite a una precedente indagine della Procura di Ferrara che nel 2014 lo indagò sempre per falso, archiviando poi la sua posizione. Ma a maggio nuove carte prodotte dall’avvocato Bianchi — che badiste Bice e Luca, la madre e il fratello di Willy — hanno indotto il gip di Ferrara a chiedere l’avvio di una nuova inchiesta. Si è scoperto che nel 1996 un informatore rivelò ai carabinieri che Willy, gravato da un deficit cognitivo, era coinvolto «in convegni carnali». Il ragazzo voleva ribellarsi, confidarsi. La fonte parlò di «molte persone a conoscenza della verità», ma che «tacciono per paura e omertà». Fece i nomi, otto (tra cui una donna), di coloro che «avevano badistito all’omicidio o sapevano».
Il ruolo di «Tango», pluriomicida
Circostanze in parte ripetute dal parroco che però al pm avrebbe detto di non ricordare chi in pbadato gli riferì i fatti. Per questo è stato indagato. Gli investigatori stanno anche riguardando gli atti dell’indagine iniziale che coinvolse Valeriano Forzati — feroce malavitoso romagnolo, detto «Tango» — che nel 1989 ammazzò quattro persone in un night e scappò in Argentina. Laggiù fu arrestato, ma lo uccisero in carcere poco prima dell’estradizione. La sera in cui morì, Willy fu visto in un bar con «Tango».
27 ottobre 2018 (modifica il 27 ottobre 2018 | 23:53)
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