[ad_1]
Secondo Johnson, May è finita in un vicolo cieco: per come stanno le cose il Regno Unito “sarà destinato o a un rapporto di vbadallaggio, forse infinito, nei confronti dell’Europa, che indebolirà la nostra economia, oppure a un No Deal (nessun accordo, ndr) che probabilmente genererà il caos. Non è possibile andare avanti così, farlo sarebbe un errore madornale, perché siamo di fronte a un fallimento simile alla crisi del Cbade di Suez”, ha scritto Johnson, che ha chiesto addirittura un secondo referendum sulla Brexit: “A questo punto è meglio che decida il popolo”.
Come fa intuire la forte somiglianza, Jo Johnson, 46 anni, è il fratello minore del 54enne ex ministro degli Esteri ed ex sindaco di Londra Boris. Curioso destino: entrambi ministri, entrambi hanno lasciato per la Brexit, ma da due fronti opposti. Boris Johnson è uno degli euroscettici più convinti e la scorsa estate ha abbandonato il governo perché contrario alla bozza di accordo sulla Brexit “Chequers”, per lui troppo europeista. Jo, al contrario, è un convinto sostenitore della permanenza di Londra nell’Unione Europea, ma considera il nuovo tentativo di accordo con l’Ue deleterio per il futuro del Regno Unito. Boris ha sostenuto su Twitter la scelta del fratello: “Sulla Brexit possiamo non concordare ma siamo uniti nello sconcerto di fronte alla posizione intellettualmente e politicamente indifendibile del governo May”.
Le dimissioni di Jo Johnson sono un pessimo segnale per Theresa May. Negli ultimi giorni, secondo indiscrezioni, la premier britannica si è convinta a stringere con le autorità europee un accordo più favorevole a Bruxelles, che contempli la possibilità di unione dogbade per tutto il Regno e regime a tempo indeterminato dell’Irlanda del Nord sotto alcune regole dell’Ue in caso di no deal (il cosiddetto backstop), cosa che potrebbe dividerla dalla Gran Bretagna. L’azzardo di May, dunque, era di puntare proprio sugli europeisti e andare al voto alla Camera dei Comuni nelle prossime settimane facendo leva su decine di laburisti “responsabili”. Ma se anche un conservatore europeista illustre come Jo Johnson si è detto disgustato dall’accordo, la strategia di May potrebbe rivelarsi presto una clamorosa disfatta.
Ora tutto dipenderà se la falla verrà tappata, e cioè da quanti altri ministri si porterà dietro l’uscita di Jo Johnson. Il governo è in frenetiche negoziazioni per avere un accordo pronto per l’inizio della prossima settimana, si era messa in preventivo la rabbia dei brexiters nel partito conservatore, ma evidentemente. ora lo scontento è esploso anche nella corrente europeista. Insomma, le cose per May adesso potrebbero mettersi davvero male. Nel frattempo, l’unica cosa certa è che “non ci sarà alcun secondo referendum”, fanno sapere da Downing Street.
Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non riceviamo finanziamenti pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:.
Se vi interessa continuare ad ascoltare un’altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.
Mario Calabresi
Sostieni il giornalismo
Abbonati a Repubblica
Source link