Inaugurato il nuovo aeroporto di Istanbul. “Duecento vittime” per l’hub più grande del mondo



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ISTANBUL – E’ il nuovo aeroporto di Istanbul. “Il più grande del mondo”, dice Recep Tayyip Erdogan, che lo ha appena inaugurato. E si chiamerà “Istanbul”, terzo scalo della metropoli sul Bosforo, che si aggiunge al vecchio aeroporto internazionale “Ataturk” e a quello sulla parte asiatica della città, “Sabiha Gokcen”, nome della figlia pilota di Ataturk. Cerimonia fastosa, con il Sultano sul palco che azionando una cloche fa decollare un velivolo sullo schermo dietro di lui. E decine di leader invitati da Asia, Africa e Europa.

Ma a che prezzo questa corsa ai lavori, in un solo anno e mezzo di costruzione, per rispettare i tempi della scadenza: il 29 ottobre, 95° anniversario della Repubblica di Turchia, fondata da Mustafa Kemal, Ataturk appunto, il “padre dei turchi”. Duecento morti, spara in prima pagina Cumhuriyet, rimasto quasi l’unico quotidiano all’opposizione, privo di pubblicità e con i suoi 11 giornalisti arrestati finalmente usciti di prigione, reintegrati e pronti a fare il loro mestiere. “I morti sono 27”, replica il ministro delle Infrastrutture, Ahmet Arslan. Una cifra, precisa nella sua rettifica, basata su un totale di 36 mila operai impiegati in questa opera davvero grandiosa come estensione, l’ennesima e ultima in ordine di tempo del Sultano turco.

Detto questo, la costruzione dell’“Istanbul” è comunque colossale, considerando che è stato costruito da zero. I numeri dello scalo sono impressionanti. Un’infrastruttura larga 77 milioni di metri quadrati, 53 mila dei quali destinati al solo duty free, che sarà lo shopping più fornito del pianeta. Consisterà, solo questa parte, di 6 settori, compresi i negozi di lusso (con alcuni fra i maggiori marchi di moda italiani) e un bazar interno con negozi tipici nell’area più tradizionale. Lo scalo è pronto a gestire 3.500 fra decolli e atterraggi giornalieri. Ben 42 i chilometri di nastri bagagli operativi. Un parcheggio per 25 mila vetture. E un’area residenziale di 100 mila metri quadrati.
  
Da domani l’“Istanbul” proverà a smistare 90 milioni di pbadeggeri l’anno, destinati a diventare 150 milioni nel 2023, secondo le previsioni del governo. I primi voli dalla Turchia saranno, come da tradizione istituzionale, per Cipro turca e l’Azerbaigian. In ogni caso il vecchio Ataturk, lo scalo internazionale da cui tuttora si parte e si arriva in Turchia, continua a essere operativo fino alla fine dell’anno. Dopo dovrebbe essere convertito in un “grande giardino popolare”, ha promesso il leader, in giro per le piste alla guida di una minuscola automobile con a fianco la moglie velata Emine.

L’appalto del nuovo scalo era stato affidato a cinque compagnie, tutte turche, pronte a pagare 26 miliardi di dollari l’anno per 25 anni. Ma la bella Torre di controllo, che campeggia da giorni su tutte le fotografie e le pubblicità sui giornali, è di produzione italiana. L’ha ideata Pininfarina, è a forma di tulipano (per molti secoli il simbolo della Turchia, che in proposito ha un contenzioso con l’Olanda), un gioiello di vetro e acciaio alto 90 metri.

“Non si tratta di un semplice aeroporto”, ha spiegato Erdogan, in cravatta rossa, come la bandiera che per la festa nazionale sventola appesa in tutto il Paese. Per lui sono giunti a Istanbul (atterrando al vecchio Ataturk) capi di stato, premier e ministri. Vladimir Putin aveva lasciato il Bosforo appena domenica sera per il vertice sulla Siria tenuto con Angela Merkel e Emmanuel Macron, ma ha subito telefonato i suoi auguri al presidente turco. Nell’attuale situazione di gelo con i Paesi arabi, complice pure la delicata vicenda Khashoggi, il giornalista saudita dissidente ucciso nel suo consolato a Istanbul il 2 ottobre scorso, il solo a raggiungere la Turchia dal Golfo Persico è stato l’alleato Qatar, con l’emiro Sheyh Tamim bin Hamad Al-Thani.

Per gli altri Paesi musulmani, dall’Asia era presente il premier del Pakistan, Arif Alvi. Presenti quasi tutti i Paesi balcanici: il presidente macedone Gjorge Ivanov, il premier bosniaco Denis Zvidzic, il vice premier sloveno Alenka Bratusek, il presidente della repubblica albanese Ilir Meta, e di quella kosovara Hashim Taci, oltre ovviamente al presidente serbo Aleksandar Vucic. Quindi il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, il premier bulgaro Boyko Borisov, e il ministro degli Esteri georgiano David Zalkaliani. C’era anche il presidente sudanese, Omar Hbadan Ahmad al Bashir, non nuovo ad accettare gli inviti dalla Turchia, uno dei pochi Paesi in cui il suo nome non compare nella lista nera dei ricercati per crimini contro l’umanità, dopo la sua condanna da parte del Tribunale penale internazionale.

La parte oscura dell’ “operazione nuovo aeroporto” è costituita da vari fattori. Innanzitutto dall’altissimo costo umano per arrivare a costruire lo scalo in un solo anno e mezzo. Alcuni osservatori pensano che il numero dei caduti che non verrà mai rivelato ufficialmente. Molte vittime sono operai stranieri, la cui manodopera è reclutata a bbado costo. C’è poi la vicenda delle dure proteste avvenute alcuni mesi fa, in piena estate, quando circa 400 operai sono stati fermati dalla polizia, accusati di avere chiesto adeguamenti salariali e soprattutto migliori condizioni sanitarie, igieniche, alimentari e più navette per rientrare nelle loro abitazioni, a grande distanza dai cantieri. I giornali vicini al governo li hanno tacciati di “terrorismo”: 24 di loro sono stati arrestati per “resistenza a pubblico ufficiale”, “danneggiamento”, “violazione delle norme si sciopero e della libertà di lavoro”. Human Rights Watch ha sottolineato come 30 operai e un leader sindacale si trovino tuttora in carcere.

Inoltre l’opera pesa ovviamente sulle spalle dell’asfittica economia turca (lira locale in difficoltà e scambiata ora a circa 6,5 sull’euro). Una costruzione tuttavia destinata, per il governo conservatore di origine religiosa, a rinvigorire in realtà le finanze, creando 225 mila posti di lavoro e garantendo alle cbade entrate per 11,5 miliardi di euro l’anno. C’è infine la questione legata all’ambiente. Le prime a protestare sono state le organizzazioni verdi, crescenti in Turchia, che nel corso degli ultimi mesi hanno fatto notare il disastro ambientale, costato il taglio di un milione di alberi nell’area nord est della metropoli, da secoli considerata il suo polmone.

Una delle università più prestigiose di Istanbul, quella di Bahcesehir, sostiene in uno studio che ad badumersi il rischio dell’opera sarà il ministero del Tesoro: se il numero di pbadeggeri non supererà gli 80 milioni, dovrà compensare le perdite con 97 milioni di euro. Ma la cifra sale addirittura a 162 milioni qualora i viaggiatori dovessero essere meno di 70 milioni. Nella ricerca gli studiosi hanno comparato il nuovo “Istanbul” all’aeroporto di Atlanta: sostengono che con il volume di voli atteso sarebbe bastata la metà dell’estensione utilizzata. Ma come fare poi a fermare il Sultano, nella sua ultima grandiosa opera di celebrazione?

 

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