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Per il momento l’invito al Papa a recarsi nella Corea del Nord è arrivato a voce. E Francesco «ha dato la disponibilità ad andare» se sarà invitato ufficialmente. A confermarlo, dopo le prime dichiarazioni dell’entourage del presidente sudcoreano Moon jae-in, è stato ieri il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. In sostanza Moon, che con il Pontefice è stato 35 minuti a colloquio, si è fatto latore con papa Bergoglio di un messaggio verbale da parte del leader nordcoreano Kim Jong-un.
E il segretario di Stato vaticano ha detto che l’eventuale viaggio avrebbe lo scopo di dare un «appoggiare il processo di pacificazione e di denuclearizzazione della penisola coreana». Prudenza e condizionale sono d’obbligo, tuttavia. Lo stesso Parolin ha infatti aggiunto che «un viaggio di questo genere ha bisogno di una seria preparazione e considerazione», che «non si lavora ancora a una visita» e che «bisognerà aspettare un attimo, è stato solo un primo approccio, che va nel senso di quanto già era stato detto». Ma la sensazione degli osservatori è che un pbado avanti sia stato fatto.
Non quello decisivo, ma comunque importante. Così come importante, nell’ambito del processo di pacificazione della Penisola coreana, è sicuramente l’udienza di ieri, che segue la Messa celebrata mercoledì pomeriggio proprio da Parolin in presenza dello stesso Moon e che si aggiunge al viaggio (uno dei primi del pontificato), compiuto da Francesco a Seul nell’agosto del 2014. Non è un mistero, infatti, l’ammirazione del governo sudcoreano verso il Papa, testimoniata del resto dalla frasi rivolte dal presidente a Francesco: «Lei non è solo il Capo della Chiesa cattolica, ma un maestro per l’umanità», ha sottolineato Moon al momento del congedo. E poco prima, arrivando nella Sala del Tronetto (dove il Pontefice lo attendeva per il benvenuto), aveva salutato così: «Io vengo come capo di Stato coreano, sono cattolico, per me è un onore incontrarla. So che in questi giorni è indaffarato: grazie per aver trovato il tempo per me mentre il Sinodo continua».
Anche il comunicato ufficiale, emesso dalla Sala Stampa conferma la pace al centro del colloquio. «È stato espresso vivo apprezzamento – si legge infatti nella nota – per il comune impegno nel favorire ogni utile iniziativa che consenta di superare le tensioni ancora esistenti nella Penisola coreana, per aprire una nuova stagione di pace e di sviluppo». Nel corso dei cordiali colloqui (Moon ha visto poi sia Parolin sia l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati) sono state rilevate, prosegue il comunicato, «le buone relazioni bilaterali ed il positivo contributo che la Chiesa offre in ambito sociale, educativo e sanitario, così come per la promozione del dialogo e della riconciliazione tra Coreani». E infine «sono state trattate alcune questioni di carattere regionale», il che fa pensare che si sia fatto riferimento anche alla Cina (il portavoce vaticano, Greg Burke, confermando un nuovo invito a recarsi a Taiwan, ha detto però che tale viaggio «non è allo studio»).
Molto cordiale l’atmosfera anche al momento dello scambio dei doni. Moon ha regalato al Papa un bbadorilievo di un artista coreano raffigurante di Cristo. Quindi indicando la corona di spine, ha detto: «Queste sono le sofferenze del popolo coreano». Il Papa ha offerto un medaglione con un ramo d’ulivo, precisando che rappresenta il suo «desiderio per la pace in Corea». «Lei lavori per questo», ha poi detto salutando Moon. Parole che vanno ben oltre un semplice congedo.
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