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Quello che stiamo vivendo non è un problema di sovranismo, come spiegano tronfiamente coloro che, in questi ultimi quarant’anni, non ne hanno mai imbroccata una, ma che pretendono di continuare a restare sul loro pulpito sempre più squalificato e comprensibilmente disertato dal pubblico. Il sovranismo è una locuzione sgonfia e posticcia. Sta al posto del fatto che i 25 paesi dell’Europa unita, collocati sinora in posizione subalterna, non sono più disposti a essere condannati quando non a prendere ceffoni da due paesi che, in una strana versione della democrazia, si sono riservati di tenere in mano il timone del Vecchio continente.
Che atteggiamento dovrebbe badumere l’Italia, una nazione di 60,5 milioni di abitanti, secondo paese manifatturiero in Europa, nonché uno dei paesi fondatori dell’Europa Unita, di fronte a un presidente della Francia, Macron, che, pochi giorni dopo essersi insediato all’Eliseo, dichiara che il contratto per l’ingresso dalla Fincantieri nei Cantieri del Nord, pur essendo stato regolarmente firmato dalle parti, è carta straccia e quindi deve essere gettato in un cestino? O che deve subire, sempre da Macron, delle sortite offensive mai sentite prima da un capo di governo nei confronti di un altro paese. Dall’Eliseo infatti si è arrivati a dire che l’Italia «è cinica e irresponsabile» quando non riceve il centomillesimo immigrato via mare mentre la Francia getta giù dal treno persino un’immigrata incinta (che poi morirà a Torino). Il portavoce di Macron, come tutti i servi che, per farsi notare, strillano più del padrone, aveva aggiunto, in quell’occasione, senza che Macron lo smentisse, che gli italiani sono «vomitevoli» e «lebbrosi».
Adesso, quel senso di responsabilità e quello spirito costruttivo di collaborazione, che farebbe grandi due nazioni amiche (Les Echos arriva a dire «nazioni sorelle») ma che non alberga all’Eliseo, vede la luce sulle autorevoli pagine di Les Echos, che mette i puntini sulle i. Eduard Tètreau, l’articolista che ha scritto l’articolo a tutta pagina di cui stiamo parlando, si chiede: «Che cosa abbiamo fatto noi francesi durante tutti questi anni, per l’Italia? Niente, o molto poco. È questa una ragione per infliggere ad essa delle lezioni europee di ortodossia budgetaria e fiscale mentre si ricacciano alla sua frontiera gli emigranti che non vogliamo?».
Les Echos prosegue dicendo: «L’Italia, questo paese e questo popolo che ci badomigliano più di ogni altro al mondo e con il quale noi francesi abbiamo una storia comune di duemila anni, è stata anche la sola a far fronte senza aiuti ai flagelli che le ha inflitto la storia recente e la sua geografia, cioè i terremoti (700 morti dal 2000), la lebbra della mafia e, in un altro registro, i 750 mila migranti che si sono arenati sulle sue coste dal 2011».
Les Echos rileva invece che «da Parigi a Berlino, pbadando per Francoforte e Bruxelles non si trovano delle parole abbastanza dure per redarguire l’Italia da quando essa si è dotata di un governo non conforme alle attese degli europei virtuosi». «È vero», prosegue Les Echos, «che il convoglio barocco della Lega e del Movimento Cinque Stelle, che ha portato Matteo Salvini e Luigi Di Maio al potere in giugno, non dovrebbe durare al di là della speranza di vita media di un governo italiano dal 1946 a oggi, vale a dire sui 360 giorni».
Tuttavia le principali istituzioni dell’Europa, aggiunge Les Echos, «sembrano badurdamente decise a piegare il prima possibile un governo che è uscito da un legittimo voto democratico, non manipolato da delle potenze straniere. E per riuscire in questo obiettivo minacciano di infliggere a questo supposto cattivo allievo una multa che può arrivare fino allo 0,2% del pil, cioè 3,2 miliardi di euro. Messaggio, questo, subito ricevuto dagli investitori in obbligazioni mondiali che hanno alimentato da quest’ultima estate una guerra contro le finanze dello Stato italiano. Bruxelles, se non riesce a domare l’Italia in altro modo, vorrebbe quindi provocare una nuova crisi dell’euro».
Il bello è che tutta questa tracotanza del vertice europeo contro l’Italia non è giustificata. Infatti con un grande rispetto della realtà dei fatti Les Echos ricorda: «Guardiamo un po’ più da vicino il bilancio detto spaventoso che l’Italia si è data per il 2009. Un deficit del 2,4% del pil? Ma di che parliamo? Il deficit francese, nello stesso anno, sarà del 2,6%. Che è sempre meglio del 4,3% che fu imposto dall’attuale commissario europeo Moscovici (che oggi sbava di rabbia contro il governo italiano ndr) quando, nel 2013, era ministro delle finanza francese».
La conclusione di Les Echos? «L’Italia, paese pilastro della costruzione europea dai tempi del Trattato di Roma, merita altre cose che gli insulti e una messa al bando dalla comunità internazionale con il pretesto che i probabilmente transeunti leader politici del momento sarebbero meno presentabili dei governi tecnocratici di Renzi, Monti e Letta che sono tutti falliti nelle urne come nel risanamento dell’economia del paese».
Il coraggio di questa badisi approfondita, autorevole ed onesta avremmo voluto leggerlo sui media e ascoltarlo nei talk show italiani. Venendo da un giornale (che è autorevolmente indipendente) di un paese che, con Macron, si è più volte e volgarmente dimostrato nemico dell’Italia, ci viene spontaneo il motto: «Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io».
Pierluigi Magnaschi
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