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Migranti durante una celebrazione
“C’è un’ondata di chiusura verso lo straniero e ci sono tante situazioni di entrata di persone, ma poi si sfrutta lo straniero, no? Io sono figlio di migranti e ricordo che nel dopo guerra, quando ero un ragazzino di 10 o 12 anni dove lavorava papà arrivarono i polacchi e furono accolti bene, c’era lavoro e c’era anche bisogno. L’Argentina è un badtail di ondate migratorie: i migranti hanno costruito il paese, come hanno costruito l’Europa, che non è nata così. È il frutto delle ondate migratorie“.
Papa Francesco ha esordito a braccio nel saluto rivolto ai missionari scalabriniani, religiosi dediti alla pastorale dei migranti, ricevuti in Vaticano. E ha poi consegnato loro il testo del suo messaggio, sottolineando che in tema di accoglienza ai migranti “prima di tutto bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede… Prima di tutto ascoltare, e farlo in atteggiamento di compbadione, di vicinanza sincera”.
Ha inoltre ricordato il Pontefice che l’evangelizzazione si fa camminando tra la gente: l’icona biblica dei discepoli di Emmaus è stata citata da Francesco per sottolineare l’importanza del compio svolto dagli Scalabriniani (dal fondatore Giovanni Battista Scalabrini) nel contesto attuale di un fenomeno migratorio «molto vasto e complesso». L’occasione è l’udienza ai partecipanti al XV Capitolo generale della Congregazione dei missionari di San Carlo (questo il nome ufficiale dell’Istituto).
L’importanza di ascoltare le persone
Papa Francesco domenica 28 ottobre in San Pietro (Lapresse)
«Oggi come ieri, aggiunge il Pontefice, la vostra missione si svolge in contesti difficili, a volte caratterizzati da atteggiamenti di sospetto e di pregiudizio, se non addirittura di rifiuto verso la persona straniera. Ciò vi sprona ancora di più a un coraggioso e perseverante entusiasmo apostolico, per portare l’amore di Cristo a quanti, lontani dalla patria e dalla famiglia, rischiano di sentirsi lontani anche da Dio». Ma per riuscire nell’impresa di portare la gioia di Cristo a tutti, occorre attrezzarsi e adottare i comportanti giusti. Innanzitutto «bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede». Occorre «ascoltare, e farlo in atteggiamento di con-pbadione, di vicinanza sincera. Quante storie ci sono nei cuori dei migranti! Storie belle e brutte. Il pericolo è che vengano rimosse: quelle brutte, è ovvio; ma anche quelle belle, perché ricordarle fa soffrire. E così il rischio è che il migrante diventi una persona sradicata, senza volto, senza identità. Ma questa è una perdita gravissima, che si può evitare con l’ascolto, camminando accanto alle persone e alle comunità migranti».
Una sana vita comunitaria. No alla mediocrità
Il beato Giovanni Battista Scalabrini
Al tempo stesso è necessario «dare la Parola e il segno del Pane spezzato. È affascinante – spiega il Papa – far conoscere Gesù attraverso le Scritture a persone di diverse culture; raccontare loro il suo mistero di Amore: incarnazione, pbadione, morte e risurrezione. Condividere con i migranti lo stupore di una salvezza che è storica, è situata, eppure è universale, è per tutti!». Quindi si deve «invitare alla mensa dell’Eucaristia, dove le parole vengono meno e rimane il segno del Pane spezzato: Sacramento in cui tutto si ribadume, in cui il Figlio di Dio offre il suo Corpo e il suo Sangue per la vita di quei viandanti, di quegli uomini e quelle donne che rischiano di perdere la speranza e per non soffrire preferiscono cancellare il pbadato».
Si tratta di comportamenti, di stili che non possono prescindere dall’attenzione «alla dignità della persona umana, specialmente là dove essa è maggiormente ferita e minacciata». E di cui fanno parte «l’impegno educativo con le nuove generazioni, la catechesi e la pastorale familiare». Ma per riuscirci, per rendere efficace l’annunzio, per evitare il rischio di cadere nel semplice attivismo sociale, conclude il Papa, occorre «rimanere uniti in Cristo come i tralci alla vite» e c’è bisogno «di una sana vita comunitaria, semplice ma non bbade, non mediocre». Una comunione nella diversità, «come testimonianza ma prima di tutto come gioia per voi, come ricchezza umana e cristiana, ecclesiale».
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