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“Ho grande rispetto per George Soros, anche se non siamo d’accordo su alcune cose, e appena sono venuto a conoscenza dei fatti ho interrotto il contratto con la società di di lobbying Washington, la Definers”. Mark Zuckerberg torna a difendersi ancora una volta. La conferenza stampa online organizzata per raccontare i pbadi avanti nel controllo dei contenuti e annunciare alcune novità importanti, è stata monopolizzata dall’inchiesta del New York Times.
Cinquanta persone, dirigenti di oggi e di ieri, sostengono che i vertici di Facebook inebriati dalla crescita in borsa avrebbero prima sottovalutato i rischi di manipolazioni politiche e uso disinvolto dei dati degli utenti, poi negato gli errori e infine tentato di coprirli distogliendo l’attenzione del pubblico con una campagna senza scrupoli condotta dietro le quinte. Il braccio destro di Zackerberg, Sheryl Sandberg avrebbero avrebbe lanciato una campagna di lobbying per spostare i sospetti su aziende rivali badoldando una società vicina ai repubblicani, la Definers, per screditare le voci più critiche mettendole in collegamento con il finanziere George Soros, divenuto capro espiatorio di ogni complottismo populista.
“Non ne sapevo nulla” continua Zuckerberg. “E non credo che Sheryl sia coinvolta. Facebook è un’azienda grossa, non possiamo sapere tutto quel che avviene”. Annuncia poi, oltre ad una commissione indipendente che veglierà sulla libertà di espressione e sui contenuti, la volontà di ridurre i post più divisivi che sono anche quelli più popolari. Disincentivando così campagne di odio velato e disinformazione che non arrivano però a rompere le regole del social network.
Zuckerberg e i suoi ci hanno messo due anni, da quando emersero i primi problemi dopo le elezioni presidenziali statunitensi, a mettere mano al problema che è da tempo sotto gli occhi di tutti. In serata, arriva la replica del presidente della Open Society Foundations di Soros, Patrick Gaspard, che accusa Facebook: “I vostri metodi minacciano gli stessi valori alla base della democrazia”. E arriva anche la nota del consiglio di amministrazione del social network che per la prima volta prende le distanze da Zuckerberg e Sandberg rei di non aver agiuto abbastanza in fetta per fermare le ingerenze russe.
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Cinquanta persone, dirigenti di oggi e di ieri, sostengono che i vertici di Facebook inebriati dalla crescita in borsa avrebbero prima sottovalutato i rischi di manipolazioni politiche e uso disinvolto dei dati degli utenti, poi negato gli errori e infine tentato di coprirli distogliendo l’attenzione del pubblico con una campagna senza scrupoli condotta dietro le quinte. Il braccio destro di Zackerberg, Sheryl Sandberg avrebbero avrebbe lanciato una campagna di lobbying per spostare i sospetti su aziende rivali badoldando una società vicina ai repubblicani, la Definers, per screditare le voci più critiche mettendole in collegamento con il finanziere George Soros, divenuto capro espiatorio di ogni complottismo populista.
“Non ne sapevo nulla” continua Zuckerberg. “E non credo che Sheryl sia coinvolta. Facebook è un’azienda grossa, non possiamo sapere tutto quel che avviene”. Annuncia poi, oltre ad una commissione indipendente che veglierà sulla libertà di espressione e sui contenuti, la volontà di ridurre i post più divisivi che sono anche quelli più popolari. Disincentivando così campagne di odio velato e disinformazione che non arrivano però a rompere le regole del social network.
Zuckerberg e i suoi ci hanno messo due anni, da quando emersero i primi problemi dopo le elezioni presidenziali statunitensi, a mettere mano al problema che è da tempo sotto gli occhi di tutti. In serata, arriva la replica del presidente della Open Society Foundations di Soros, Patrick Gaspard, che accusa Facebook: “I vostri metodi minacciano gli stessi valori alla base della democrazia”. E arriva anche la nota del consiglio di amministrazione del social network che per la prima volta prende le distanze da Zuckerberg e Sandberg rei di non aver agiuto abbastanza in fetta per fermare le ingerenze russe.
Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non riceviamo finanziamenti pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:.
Se vi interessa continuare ad ascoltare un’altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.
Mario Calabresi
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