Red Dead Redemption 2, l’odore del whisky e il Western di tutti noi



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Gli odori, di sporco, di fatica, di sudore. Quello dell’whisky, acuto, penetrante; la puzza dei mozziconi di sigari recuperati nella polvere. L’odore della polvere da sparo, sempre. Che ti avvolge ad ogni proiettile sparato, e non ti lascia pi. C’ il fetore delle carcbade di animali appena scuoiate e pure quello del tuo cavallo, che, non si sa come, solo tu hai imparato ad amare. C’ il profumo di una zuppa di fagioli e cipolle, che fa schifo ma hai fame. Quello di una lattina di frattaglie sotto sale, che hai imparato essere buona. C’ la calda fragranza del fuoco che scoppietta ogni sera, come quella fresca, ogni mattina, dell’erba bagnata dalla rugiada. C’ un bagno caldo di bolle di sapone alla lavanda, ma solo nei tuoi sogni. Come il profumo di una donna, che forse un giorno. Odori forti, acidi, persistenti, come quelli delicati e sottili. In un videogioco. Alla prima di Fantasia, capolavoro indiscusso di Walt Disney, si decise di rilasciare essenze profumate nella sala cinematografica, per aumentare il coinvolgimento dei sensi degli spettatori. Fiori, o incenso, durante la memorabile Ave Maria. Si doveva chiamare Odorama, ma non fu pi utilizzata. Perch in fondo, odori e profumi non hanno bisogno di essere reali ma in un prodotto di fantasia possono essere semplicemente evocati. Evocati, si. A patto che il coinvolgimento indotto nel fruitore, che sia uno spettatore o un giocatore indifferente a questo punto della storia, sia totale. E Red Redemption 2 riesce nell’arduo compito in maniera perfetta.

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Non solo e sbrigativamente perch un ottimo videogioco. Non solo perch utilizza magistralmente ogni indispensabile stereotipo dell’antico Far West, indirizzando il giocatore a una indelebile memoria collettiva, di fumetti e cinema, infanzia e adolescenza. Non solo perch omaggia Sergio Leone nella potenza della sua coralit o Morricone nella delicatezza delle musiche. Non solo perch attinge a piene mani alla Tarantiniana violenza del suo recente trittico spaghetti western o ai dilemmi Pirandelliani presi in prestito dall’odierno televisivo di WestWorld. Non solo. Il segreto dell’immenso Red Dead Redemption, gi appurato capolavoro della storia videoludica e nuovo punto di riferimento per il futuro a venire, la compensazione. un mondo, vivo, credibile, persistente e pulsante, in cui il giocatore, cittadino del mondo, ha la possibilit di vivere e pensare ci che nella realt non pu. Avventura e libert, di fare, di pensare. Il respirare, forte e libero, attraverso praterie sterminate. La sorpresa, l’incontro, il duello.

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Ed pure un colpo di genio, ai fini dell’immedesimazione, che il gioco sia ambientato nel 1899 e che il protagonista sia quello che chiamiamo un cowboy, un fuorilegge dallo Stetson impolverato e la fondina consumata. Perch in quell’anno, l’avvento della ferrovia, ma possiamo chiamarla anche tecnologia o modernit, stava rapidamente cambiando il tessuto sociale degli Stati Uniti. In un lbado di tempo estremamente ridotto si cambiavano le regole del vivere e del sopravvivere, mutavano l’economia, i costumi e le relazioni. Da terra di conquista priva di regole, gli Stati Uniti diventavano improvvisamente legali e strutturati. Una trasformazione sociale ed economica cos veloce da confondere chiunque fosse cresciuto con regole differenti, come un cowboy. Come noi, nel 2018, nati nel boom economico e costretti a un agonizzante presente, costruiti e programmati per un lavoro stabile e un futuro certo ma soggetti ad un improvviso cambio di regole, a fare dell’improvvisazione un’arte. A vivere l’evoluzione, la trasformazione, il cambiamento, senza averlo voluto e pensato. Un geniale stratagemma, quello di Rockstar, capace di intridere un persistente velo di malinconia all’intero tessuto del gioco, che ti accompagna nella nuova scoperta di una terra che una volta era tua.

26 ottobre 2018 (modifica il 26 ottobre 2018 | 15:58)

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